Niente da fare, questi maledetti giovani proprio non ne vogliono sapere di lavorare. Gli imprenditori, sia lodato il loro buon cuore, gli offrono posti di ogni genere, ma questi sfaccendati non ne vogliono sapere. Le inventano tutte, dal fuggire all’estero allo smettere di nutrirsi. Tutto, solo per non darsi un po’ da fare. Ormai questa cosa è di dominio pubblico, ne hanno parlato nelle ultime settimane tutti i principali quotidiani nazionali. Ma a ben vedere i discorsi… sembrano presi con la carta copiativa da quelli di 10 anni fa. E probabilmente quelli di 10 anni fa erano presi da quelli di 10 anni prima, così risalendo fino a Platone. Anche se quei giovani di 10 anni fa oggi non sono mica più tanto giovani.
Maledetti giovani che non vogliono lavorare
Questo perché questo tipo di narrazione funziona sempre. Ogni generazione ritiene che tutto ciò che avviene entro i 35 anni sia perfetto, e tutto ciò che avviene dopo i 35 sia invece “contro l’ordine naturale delle cose” (mi perdonerà Douglas Adams per averlo parafrasato). Quella poi del giovane pelandrone contrapposto all’anziano operoso è davvero un grande classico intramontabile. Chi di noi non se l’è sentito dire la prima volta quando era ancora un bambino?
La new entry del reddito di cittadinanza
Quest’anno però questa favola culturale si è arricchita di una nuova freccia al suo arco: il reddito di cittadinanza. Pensandoci, è l’argomento perfetto, lo scacco matto a chiunque abbia qualcosa da ridire. Tu gli dai i soldi per non fare un ca**o, e loro subito non fanno un ca**o. Del resto era l’argomento più in auge già prima dell’approvazione della misura, soprattutto dalle parti di Confindustria. Alla quale, ma sarà un caso, fanno riferimento tutte le principali testate nazionali.
Ma è davvero come te la raccontano?
Ma approfondiamola, questa storia del reddito di cittadinanza che porta lassismo tra le righe dei nostri virgulti, corrompendone i costumi. Perché a leggere come funziona l’assegnazione del reddito di cittadinanza, questa storia non è che poi quadri molto. Se l’assegnatario rifiuta tre volte il posto di lavoro offerto dal centro per l’impiego, infatti, perde il diritto a ricevere i soldi. Ma allora per quale motivo il nostro buon datore di lavoro non si rivolge ai centri per l’impiego, per trovare i suoi dipendenti?
La prossima volta che sentirai qualcuno raccontartela, rispondi
A pensar male, un’idea ce la possiamo fare: per rivolgersi ai centri bisogna dichiarare una serie di cose che l’imprenditore non ha poi tanta voglia di dichiarare. Quelle cose su cui ai colloqui tende sempre a glissare, per capirci: orari, retribuzione, contratto collettivo nazionale di riferimento e caratteristiche del rapporto di lavoro. Una seccatura, se in azienda non hai proprio tutto in regola. La prossima volta che leggete la lacrima strappastorie del nostro imprenditore, pensateci.
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