La Turchia si ritira dal trattato di Istanbul, per proteggere le donne e promuovere l’ uguaglianza di genere, suscitando così le proteste. Le donne turche, sono scese in piazza per chiedere al presidente Recep Tayyip Erdoğan di revocare il ritiro dal patto europeo Beril Eski, firmato proprio nel 2011.
La Turchia si ritira dal trattato di Istanbul, le femministe accettano la sfida
Sabato 20 marzo usando il web, le condivisioni su Facebook o tramite e-mail, migliaia di persone si sono organizzate per protestare, chiedendo al presidente Recep Tayyip Erdoğan di revocare la sua decisione di ritirarsi dal primo trattato vincolante al mondo, per prevenire e combattere la violenza contro le donne. Nel quartiere Kadıköy di Istanbul, i manifestanti con bandiere viola e striscioni sono scesi in piazza cantando: “Non abbiamo paura, non abbiamo paura. Non obbediremo”. Altre proteste minori si sono svolte nella capitale Ankara e nella città sud-occidentale di Smirne.
Il trattato di Istanbul, il “no” del partito del presidente
Con l’ accordo firmato a Istanbul, la Turchia, si era impegnata a prevenire, perseguire ed eliminare la violenza domestica e promuovere l’uguaglianza. La Turchia, che ha firmato l’accordo nel 2011, ha comunque visto un aumento dei femminicidi lo scorso anno. Non è stato fornito alcun motivo per il ritiro, ma i funzionari del partito del presidente, l’ AK, avevano detto l’anno scorso, che il governo stava valutando la possibilità di ritirarsi dall’ accordo. “La garanzia dei diritti delle donne, sono le normative vigenti nel nostro statuto, in primo luogo la nostra costituzione. Il nostro sistema giudiziario è dinamico e abbastanza forte da attuare nuove normative secondo le necessità “, ha detto su Twitter il ministro della famiglia, del lavoro e delle politiche sociali, Zehra Zümrüt Selçuk, senza fornire altre motivazioni.
Il dissenso dei conservatori
Molti conservatori in Turchia affermano che il patto mina la struttura della famiglia tradizionale. Sono anche ostili al principio di uguaglianza di genere, che giudicano una promozione dell’ omosessualità. Pare sia il principio di non discriminazione per motivi di orientamento sessuale, a non trovare il favore di questi ultimi. I critici del ritiro dal patto invece, affermano che questo porrebbe la Turchia, ancora un po’ più distante dai valori dell’Unione europea. Infatti, la Turchia è candidata ad entrare a far parte del blocco EU già dal 2005, ma i colloqui sono stati interrotti, proprio per le divergenze politiche e per i risultati di Ankara sui diritti umani. Un portavoce del ministero degli Esteri tedesco ha detto che la mossa è un segnale sbagliato sia per l’Europa, sia per le donne turche. Anche il ministero degli Esteri francese condanna la mossa del governo di Erdoğan, dichiarando tutta la sua solidarietà alle donne turche.
La Turchia si ritira dal trattato di Istanbul, ma non è la sola
Purtroppo la Turchia non è il primo paese a muoversi verso la rinuncia all’accordo. La più alta corte di giustizia polacca ha esaminato il patto, dopo che un membro del gabinetto ha detto che anche Varsavia, dovrebbe abbandonare il trattato e che il governo nazionalista lo considera troppo liberale. Erdoğan ha condannato la violenza contro le donne, dicendo che questo mese il suo governo, si adopererà per sradicarla. Ma i critici dicono che il suo governo non ha mai fatto abbastanza per prevenire i femminicidi e la violenza domestica. La Turchia non conserva le statistiche ufficiali sui femminicidi. I dati dell’ Organizzazione mondiale della sanità, hanno evidenziato che il 38% delle donne in Turchia è vittima di violenza da parte di un partner nel corso della vita, rispetto a circa il 25% dell’ Europa.
Grup Yorum e tutti quelli che lottano per i diritti del popolo turco
Ancora una volta, il presidente turco con le sue scelte, mostra scarsa sensibilità in fatto di diritti umani. Sempre più spesso, capita di venire a conoscenza della grande difficoltà che i cittadini turchi, trovano nel ribellarsi alle scelte del governo. Molti i casi che hanno visto attivisti o semplici manifestanti, essere accusati di tradire lo Stato turco o addirittura di terrorismo. Tanti i casi che si potrebbero citare, noi di WeirdFrog, vogliamo ricordare il caso di İbrahim Gökçek, uno dei membri del gruppo musicale turco Grup Yorum. Gökçek aveva 40 anni e per 323 giorni aveva portato avanti uno sciopero della fame, per protestare contro il governo. Sempre a causa dello sciopero della fame, ad aprile erano morti Helin Bölek e Mustafa Koçak, due dei cantanti di Grup Yorum. Avevano entrambi 28 anni; Bölek non mangiava da 228 giorni, Koçak, da 288.
La speranza per il futuro dei diritti di tutti
Ovviamente assolutamente non sufficienti le misure annunciate dal governo di Ankara, contenute nelle riforme della giustizia, annunciate da Erdoğan. Misure che secondo il premier, risolverebbero la situazione, migliorando la situazione dei diritti e, avvicinando la Turchia agli standard dell’ Unione europea. Purtroppo la strada da fare è ancora lunga e la situazione per le donne turche, ma anche con tutti quelli che provano a far valere i diritti di libertà e umanità, è ancora estremamente difficile. La nostra speranza è quella di un futuro in cui, in Turchia, possano essere garantiti i diritti di tutto il popolo. Ma anche il diritto di manifestare per il proprio dissenso, senza rischiare di subire accuse assurde di tradimenti o terrorismo.
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