Neutralità climatica entro il 2060. Una promessa, quella del presidente brasiliano Bolsonaro, che suona come uno sberleffo. Perché mai come in questi anni, da quando lui è presidente, la foresta dell’Amazzonia sta svanendo sotto i nostri occhi. A un ritmo sconvolgente anche per gli osservatori da sempre più pessimisti. Se volete farvi un’idea, dal 2000 ad oggi la deforestazione ha cancellato l’8% del più grande polmone verde del mondo. Parliamo di un’area vasta quanto l’intera Spagna.
L’Amazzonia sta sparendo, checché dica Bolsonaro
I numeri provengono da uno studio di Amazon Geo-Referenced Socio-Environmental Information Network (RAISG). Un documento impietoso, che fotografa come, mentre tutti i leader del mondo si scambiano grandi promesse di cambiamento, in realtà la strada percorsa va in direzione opposta. Il commento dei ricercatori è categorico: “Oggi l’Amazzonia è molto più minacciata di quanto non fosse 8 anni fa. La superficie annua persa è triplicata dal 2015 al 2018, solo nel 2018, 31.269 km2 di foresta sono stati distrutti in tutta la regione amazzonica, la peggiore deforestazione annuale dal 2003”.
Una strage di alberi sempre più veloce
Di questa vera e propria strage di alberi, Bolsonaro ha una responsabilità diretta. Dalla sua elezione, avvenuta il 1 gennaio 2019, il disboscamento ha registrato un terribile +9,5% rispetto all’anno precedente. E tutto lascia credere che le cose possano solo peggiorare, dal momento che il presidente sudamericano si è più volte fatto beffa degli ambientalisti e delle loro richieste. Anche gli obiettivi di riduzione delle emissioni sono rimasti invariati rispetto al tempo della sua nomina. È quindi chiaro che queste nuove promesse non sono altro che aria al vento. Il Brasile è il 5° maggior inquinatore mondiale. Gli obiettivi climatici sono una riduzione delle emissioni del 37% entro il 2025 e del 43% entro il 2030, rispetto ai livello del 2005.
Durante la pandemia la deforestazione non rallenta
Del resto, già ad aprile l’INPE, l’istituto di ricerca spaziale nazionale brasiliano, aveva rilasciato dati tutt’altro che incoraggianti. Che avevano spazzato via le speranze di chi credeva che, almeno durante la pandemia, la deforestazione avesse rallentato. Secondo i dati del suo sistema di monitoraggio DETER, solo nel mese di marzo erano stati disboscati 327 km2 di foresta pluviale. Nel complesso, da inizio 2020 ad aprile andati persi 796 km quadrati, il 55% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
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