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Guida alle tribù urbane n°5: Cosplayer!

Il 5° episodio della nostra guida alle tribù urbane, dedicato ai cosplayer, segna una svolta col passato. Per quale motivo? Perché, se ci avete seguito in questo viaggio tra sobborghi urbani e periferie fin dall’inizio, ricorderete che vi abbiamo parlato delle tribù urbane come forma di ribellione. Al sistema, all’ordine costituito, al consumismo. Oggi, invece, siamo in un campo diametralmente opposto. Un luogo virtuale dove le colorate anime che lo popolano hanno interiorizzato la cultura di massa fino a diventarne loro stessi vessilli. Benvenuti nel mondo dei Cosplayer, gente.

Guida alle tribù urbane n°5: Cosplayer!

I Cosplayer sono persone, di solito molto giovani, che si vestono come personaggi dei manga, degli anime, del cinema o della letteratura. Lo fanno con un impegno così maniacale da risultare, a volte, riproduzioni perfette. Orecchie elfiche, striminziti vestitini da collegiali giapponesi, gigantesche spade Ammazzadraghi riprodotte in cartapesta. Nessun elenco, per quanto lungo, potrà mai contenere tutte le sfaccettature di un mondo così variegato, che partendo dal modello culturale giapponese ne ha valicato i confini, arrivando a inglobare ogni aspetto della vita commerciale odierna (pubblicità comprese).

La prima comparsa a una convention negli Usa

Il primo cosplay: Forrest J. Ackerman al Wordlcon del 1939

Potremmo parlarvi di come il primo cosplayer che si ricordi sia stato Forrest J. Ackerman, nome importantissimo nel mondo della fantascienza americana per essere stato agente di Isaac Asimov e editore di Ray Bradbury, Fu lui, infatti, il primo a vestirsi come un personaggio di un film, La vita futura, per presenziare alla prima edizione del World Science Fiction Convention nel 1939. O di come negli stati uniti degli anni ’70 si vedessero i primi raduni di trekkers (amanti di Star Trek) vestiti come i personaggi del telefim. Ma, in realtà, questo è poco più di un aneddoto, perché la cultura del cosplay è inscindibile dal Giappone e dalla cultura popolare che prende il nome di otaku.

Il  movimento dilaga in Giappone

La stessa parola, cosplay, è stata coniata 1984 dal giornalista giapponese Takahashi Nobuyuki fondendo le parole costume e play, ossia giocare al costume. Il fenomeno è nato negli anni ’80, nelle tante fiere dedicate nel paese del sol levante al mondo di manga, anime e videogames. In quegli anni in Giappone spopolava l’anime di Gundam, una serie animata su un robot gigante (tecnicamente mecha) che presentava tematiche molto più realistiche e profonde di quelle a cui i cartoni animati ci avevano abituati. Due schieramenti in guerra tra i quali non era immediato distinguere tra “buoni” e “cattivi” (o meglio, sembrava immediato, salvo poi riservare parecchie sorprese al riguardo), e una visione generale fortemente pacifista e ambientalista.

Nell’agosto 1980 compare sui giornali giapponesi un primo approfondimento su questo movimento culturale in piena formazione. Nell’articolo compaiono le foto di tanti ragazzi vestiti da personaggi di Gundam che ballano e si divertono. La tendenza, presto, si espande a macchia d’olio, e raggiunge il suo apice negli anni ’90 con l’uscita di un altro anime epocale: Evangelion. Il successo della serie e di tutto il merchandising che vi ruota attorno è travolgente, e presto in tanti intuiscono il potenziale commerciale del mondo del cosplay. Nascono così riviste specializzate, forum di discussione, convention dedicate.

Una realtà che diventa ogni giorno più grande

Questi festival del mondo otaku con il passare degli anni diventano più animati. Non solo sfilate, ma cosplay party, concorsi di bellezza, concerti sulle note dei

Guida alle tribù urbane n°5: Cosplay!

La cosplayer Hekokoko nei panni di Raphtalia da Rising of the Shield Hero

cartoni animati. E, presto, anche premi in denaro per i costumi più belli. Premi che col tempo diventano sostanziosi, trasformando quella che prima era solo un hobby per appassionati in un vero e proprio lavoro. La moda sbarca anche in occidente, insieme a una diffusa fascinazione per la cultura nipponica. Un processo probabilmente inevitabile, dal momento che non c’è persona nata dopo gli anni ’70 che non sia cresciuto a Nesquik e cartoni animati giapponesi. dall’arrivo nelle sale cinematografiche di Akira, poi, il mondo degli anime si era scrollato da dosso il pregiudizio che lo vedeva solo come una “cosa da ragazzi” per diventare forma d’arte riconosciuta a tutti gli effetti.

Oggi i cosplay più importanti vengono pagati dalle multinazionali dell’intrattenimento per animare fiere e programmi tv, hanno milioni di follower su instagram e cachet che competono con quelli di Hollywood e canali Twitch che illustrano nel dettaglio come preparare i propri costumi. Quella che un tempo era moda malvista e spesso derisa ha avuto la propria rivincita sui detrattori.

 

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