Quando pensiamo al rapporto tra i bambini e il cioccolato, l’immagine che ci salta agli occhi è quella di un felice bambino bianco che fa colazione. Brandisce il cucchiaio, ride, fa i capricci. Purtroppo però ci sono aspetti molto più tristi, nascosti dietro a quest’immagine da spot televisivo. Uno su tutti, ma non il solo, l’atroce sfruttamento del lavoro minorile che avviene nei campi di cacao. La maggior parte infatti si trovano in Africa, tra Ghana e Costa d’Avorio, dove l’estrema povertà è la norma e la morte sul lavoro una consuetudine. Gli stessi luoghi, però, dove le multinazionali dolciarie fanno affari d’oro.
Davide contro Golia: 8 bambini in causa contro le multinazionali del cacao
Proviene da questo drammatico contesto la storia degli 8 bambini che hanno intentato una causa a Nestlé e altri colossi alimentari per riduzione in schiavitù di minori. Davide che si batte contro Golia. I querelanti, che oggi sono giovani adulti, sono tutti provenienti dal Mali. Dichiarano di essere stati reclutati nel loro Paese con bugie e promesse quando avevano ancora meno di 16 anni, di essere stati poi venduti ai produttori di cacao, e di aver lavorato per anni senza paga, in condizioni disumane e senza avere una chiara idea di dove si trovassero e come poter tornare a casa.
Il sistema del sub-appalto per sfuggire alle responsabilità
Le Big Sweets, se così possiamo chiamarle mutuando il termine dal mondo medico, alzano spallucce e guardano altrove. Del resto, le piantagioni incriminate non sono di loro proprietà, ma di aziende locali appaltatrici. Così loro sfuggono alla responsabilità diretta, e possono limitarsi a fare generiche promesse di maggiori controlli in fumosi tempi futuri. Nel frattempo i bambini lavorano senza alcuna condizione di sicurezza, maneggiando machete e pericolosi fertilizzanti chimici, per ricevere in cambio un pugno di riso o poco più.
Eppure Nestlé e compagni fanno affari d’oro con il business del cacao: l’industria del cioccolato vale 130 miliardi di dollari, di cui solo il 6,6% arriva nelle tasche dei lavoratori, che guadagnano mediamente meno di un dollaro al giorno. E questo nonostante il prezzo del cacao continui ad aumentare. La richiesta (e la produzione) è aumentata del 62% nei 10 anni dal 2008 al 2018.
Un dramma che non riguarda solo il cacao
Le aziende della World Cocoa Foundation, c’è da dire, non sono affatto sole in questo modus operandi. Avviene così per la produzione tessile in Bangladesh (ricordate il crollo del Rana Plaza, dove morirono più di 1000 persone?), per la produzione di componenti tecnologici nel sud-est asiatico, per lo smaltimento dei rifiuti un po’ dappertutto. Potremmo considerare il metodo del sub-appalto come il modo preferito dal capitalismo per lavarsi le mani e le coscienze a buon mercato.
Nestlé ha affermato che la causa “non promuove l’obiettivo comune di porre fine al lavoro minorile nell’industria del cacao” e ha aggiunto, “il lavoro minorile è inaccettabile e va contro tutto ciò per cui ci battiamo. Nestlé ha politiche esplicite contro di essa ed è risoluta nella nostra dedizione a porla fine. Restiamo impegnati a combattere il lavoro minorile all’interno della filiera del cacao e ad affrontare le sue cause profonde come parte del Piano Nestlé Cocoa e attraverso sforzi di collaborazione “. Permetteteci di dubitare.
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